s'accorge
di me un'unghia di donna dipinta dell'oro che manca alla mia pace disarcionandomi dal treno del pensiero respira nel petto l'ordigno di sangue disegnerò nella cera le mie voglie come quando tuo padre ci ha lasciato per un attimo distolto dal mestiere
e dallo sforzo che segnala Dio distende e distrae tendini e nervi e sollecito discende alla fontana a far coppa le mani qui ogni angelo risponde personalmente alla sete della viandante nell'arcobaleno fra mille ortiche
spicca il volo l'improbabile ricordo che non volevi più stridesse nelle tasche il biglietto di sola andata da tempo speso lavato dalla luce obliterato mai nella mente del pirata dei neuroni cede il cablaggio recante l'ultimo richiamo riconosciuto qui in pianura ricominciare dal silenzio non solo è quanto resta ma anche l'unica goccia ancora gravida di verità conchiglie rotte, tante
gli scampoli e i ritagli di quel che un tempo pesava in questa testa piena di vuoti a perdere Lolita trasporta i suoi umori una treccia di profumi complessi come questo snodo maledetto dove i treni passano stridendo e non arrivano mai di sicuro potrei far toccare terra
fra lembi di pelle all'apparecchio che abito ma fuori dalla città grande la geografia del corpo mi arriva tenue lubrificato da gocce del tempo perso senso sommerso cardiaco strappo terso suo respiro eccelso ritmo d'asfalto inferto da troppo lunghe notti in periferia la mia unica sudicia pudica metrica voglia di schiudersi dopo quel bacio rubato dal sole reo di infrante soglie da doglie afflitto e da cesure spazi vuoti incollati ad un se tenuta insieme la vita da consensi negati come toppe d'argilla dei quartieri insensati di Gerusalemme riconosciuti da uomini soli e da nessun altro accostàti al muscolo che pulsa battuto sconfitto chiusi i battenti e lei che batte la mia via al battito suo ancora non c'è un verso che perimetri direzioni inevitabili e che spieghi il sale del mare Crocifisso sulla pista
Sotto il sole Senza cielo Niente nubi, obnubilato d'asfalto e benzene sarei rimasto per sempre Con la morte nel cuore E con le mani Ho morso l'aria Come solo un capitano sa fare Quando sente ch'è giunto il suo volo più inutile E m'accorgo spaurito che Il cavo dalla testa alla tasca che segue l'aorta del cuore non c'è più Ridotto dalla terra ad osservar formiche Percorro la strada di casa che ogni minimo microbo ricorda pregando di indovinarne un giorno la direzione odio quando sei neve
e la fede mia non è altro che la busta di plastica vuota che avvolge proteggendolo l'elettrico cuore che porto nella tasca più vicina a dov'era quello che un tempo consacrasti con l'alito tuo stupido sono caduto proprio sul mio centro perfetto, mi dimentico di respirare ti ho amata
con l'urgenza dell'uomo che muore la fretta del passeggero che non vuole scordar nulla ma dimentico di se s'imbarca nudo basta ora ora, se il vento avrà pietà e il tuo profumo mi giungerà ancora cadrò in ginocchio senza notare il rogo eretico dei circuiti le scintille dei molti mondi che cacofonicamente fragorosi si annullano tracotanti vorrei ritrovare quel fiocco di neve e porgertelo un mattino in primavera uno schiaffo d'ali sull'acqua
dell'angelo distratto un rovescio di monete dalla tasca di un amore che si spoglia improvvisato anche questo ho visto anche qui c'è un canto Pubblicato in Poetika Vol. V (2/2), Onirica Edizioni 2013 alto il mento, troppo, fuori squadro il naso
asimmetriche le guance malate di eccessive ombre che nessuna rasatura potrà addolcire del quadrante del volto riconosco la metà, la prima solcata com'è dal passaggio inesorabile di lancette spazzine e da amnesie di demoni non collima più il senso di centro con le direttrici di una carta che non porta lo scritto creduto imprigionato, mi scopro in una gabbia di meridiani fatta di eterna periferia |
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March 2024
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