sfiorito ormai
l’oleandro su un canovaccio d’asfalto mi tocca immaginare la strada di casa in tasca il sole invecchierei
lontano dai borghi e le strade che mi hanno visto chiuse in faccia le porte trovandomi alla fine di un giro non tondo ma lungo una retta finita per ora e allora proverei a parlare del mare non quello che ho visto ma un altro, diverso e ancora di spiaggie future mai vecchie condite di sogni finora mai colti maturerò non come un frutto, ma un osso che un figlio ritrova inciampando e forse conserva e ricorda ogni tanto non quanto una volta gli ho detto i racconti di un tempo ma invece che c'ero la volta che solo provava a volare avanti nel vuoto invecchierò su un deserto nuovo di cui non so ancora il nome mai nel ricordo di faro sbiadito all'uscio di casa inutile luce su quel che conosco senza traccia lascerò la sabbia che per amarmi non ha avuto bisogno di un mio perché rimetti ancora
dolcemente i piedi sulla terra gli angeli volano alto ma io qui attendo e bagno di pianto la polvere perché non abbia a sporcarti troppo mentre attendi che il tuo povero principe eriga il palazzo promesso ormai troppe stagioni fa i piedi
i tuoi, i miei toccandosi formano il precario vaso il misero rifugio la lacera tenda la sbeccata coppa che regola il vento che soffia placido che respira il flusso che ci nutre ancora fermi così in preghiera tra quanto viene trattenuto e quello che è perso cerco tempo chiedo oro, e pace e al mattino, di ricominciare tradito da acidi diversi
sfranto sul cemento fantasma mi staglierò in un epico controsole mi trovi ingrassata?
la mia esistenza si certifica nel tuo modo di donarti mi torna in mente ora che vestita di verità cercavi presenza non risposte devo tornare a casa ed ora rientro lordato
di scarpe pesanti imbrogliate a filamenti d'argento non connessi più a nulla e queste spalle inutilmente forti potrebbero svegliarti rompendo gli stipiti in un clangore d'armatura ventotto volte la luna si è scordata di fermarsi e non posso soffrire ancora un giro di stupido mare di te ricordo il graffio che non volevo di te desidero soprattutto il collo non è rimandabile
il pugno di sabbia in bocca portato dal Libeccio lacera si sveglia dal sonno e sbarca inossidabile l'arca carica di speranze velate una Sindone di pelle uno schiaffo della risacca ed un grido ci portano al mondo aggrappati a pianti di madre e pregni silenzi Estemporanea Sergio Caponera Londra, 12 ottobre 2012 Pubblicato in Cartapaglia 2, Edizioni Il Molo 2011 Tema: La vita è un testimone da prendere e passare con cura |
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February 2025
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